L’ABITO COLOR MALVA DELLA REGINA VITTORIA D’INGHILTERRA

26 Aprile 2019

Era il 29 ottobre 1793 quando in Francia la libertà d’abbigliamento fu proclamata un diritto fondamentale dell’uomo. Basta divieti e concessioni legati alla classe sociale o ai gruppi di appartenenza: il vento della Rivoluzione francese aveva spazzato via un’ipocrita impalcatura, capace però di condizionare le relazioni sociali. Con l’affermazione della libertà d’abbigliamento, nasce e si sviluppa anche il concetto di gusto e il successo di chi lo esercita meglio, un po’ come gli influencer di oggi. Nella società di allora, il ruolo di guida in fatto di gusto non poteva che spettare alle donne più importanti di allora: le regine, al cui stile tutte le donne – soprattutto le borghesi – si ispiravano.

 

L’ESPLOSIONE DEL MALVA: DALL’ABBIGLIAMENTO ALL’ARREDO

«La principessa Eugenia in Francia e la regina Vittoria in Inghilterra erano modelli incontrastati», scrive Riccardo Falcinelli su Cromorama. I giornali riportano ogni loro appuntamento, soffermandosi a descrivere, con dovizia di particolari, i loro outfit: stoffe, tessuti, accessori, acconciature, lunghezze, panneggi. E colori, ovviamente. «Ed è proprio la regina Vittoria a sancire un passaggio epocale per la storia del colore presentandosi al matrimonio di sua figlia con un abito dalla tinta insolita: un viola acceso, brillante, quasi elettrico. Scoppia la moda». Quel colore è il malva, e in quel momento esplode sul mercato, sia dell’abbigliamento, sia dell’arredo per interni.

 

MALVA, IL PRIMO COLORANTE SINTETICO DELLA STORIA

La nuance è inedita, esattamente come la tecnica di tintura. L’abito da cerimonia della regina Vittoria è tinto con la maveina: la maveina, come spiega Falcinelli, è il primo colorante sintetico della storia, ovvero ricreato in laboratorio e non derivante da materie prime vegetali o animali. «Non si torna più indietro. Il mondo del colore è cambiato per sempre». Vittoria visse tra 1819 e 1901, contemporanea di William Henry Perkin, giovanissimo studente del Royal College of Chemistry. A soli 18 anni, mentre cercava di sintetizzare il chinino – all’epoca usato come antimalarico –, ottenne, per sbaglio, una sostanza di colore cupo. Il giovane si rese conto che quella sostanza, se dissolta nell’acqua, produceva un effetto violaceo. Penso di farne un colorante per tessuti: «Lo prova sulla seta, che ne conferma subito la stabilità: regge la luce, lo sfregamento, i lavaggi». Seta, lana e cotone cominciarono così ad assumere varie sfumature, dal lilla al viola intenso.

 

UN USO GENIALE DI UN PRODOTTO BEN NOTO

Il primo colorante sintetico è figlio della diffusione dell’illuminazione a gas, che aveva fatto crescere l’interesse per lo sfruttamento dei residui della lavorazione del catrame che, come ricorda Falcinelli, spesso producevano sostanze coloranti. La genialità di Perkin, insomma, sta proprio nell’avere scoperto un uso nuovo di una sostanza nota: brevettò il prodotto e lo chiamò mauve, ovvero malva in francese, in modo da suggerire un collegamento con la capitale della moda. Fu un enorme successo commerciale.

 

IL MALVA APRÌ LE PORTE ALLA MODA

 

 

Tra Settecento e Ottocento, grazie ai progressi della scienza e, soprattutto, della chimica, nascono numerosi nuovi colori: nel 1704 nacque il blu di Prussia, il colore dell’onda di Hokusai, poi sono venuti il blu cobalto, l’arancio cromo e il giallo cadmio. «Il primato di Perkin è quello di avere sintetizzato non un pigmento per l’arte, ma un colorante per tessuti, che apre le porte a uno dei più grandi business della modernità: la moda». Queste innovazioni si trasformano in rivoluzioni grazie alla grande fertilità del contesto di allora: negli anni Venti dell’Ottocento, l’architetto Karl Friedrich Schinkel progetta il primo museo pubblico dove si entra pagando un biglietto e, di fianco, il primo centro commerciale: entrambi luoghi dove si entra anche per spendere soldi. «Nella nascente società di massa la gente di ritrova con in mano qualcosa di nuovo: il tempo libero». Industrializzazione, alfabetizzazione di massa, nascita della pubblicità e dell’intrattenimento commerciale: nell’Ottocento tutto è una vetrina. E a metà del secolo apre la prima Grande esposizione internazionale in cui si mostrano quelli che oggi chiameremmo oggetti di design provenienti da tutto il mondo. E poi, nell’Ottocento, esplode la fotografia, che trasforma i potenti in persone a cui ispirarsi.

 

LE REGINE COME MODELLO E IL CONSENSO PER GOVERNARE

La malva sintetica di Perkin è, finalmente, economica e se ne possono produrre quantitativi potenzialmente infinti. «Tutte le regine si sono vestire, fin dall’alba dei tempi, dei colori più sfarzosi. Però, mentre in epoca romana la porpora stabiliva una distanza tra la regalità e il volgo, quando la regina Vittoria si veste di malva impone una vicinanza. Sta dicendo a tutte le donne: fate come me». Il colore moderno chiede di essere copiato; alla base del governo della società di massa, almeno all’apparenza, c’è il consenso, accolto e promosso anche dai reali.