IL RUOLO DELLA CHIMICA NELL’ARTE

10 Agosto 2018

Se l’arte è riuscita ad attraversare secoli indenne è anche merito della chimica che ha permesso ai colori di diventare più duraturi

Il rapporto tra chimica e arte comincia 300 mila anni fa, quando l’uomo dipingeva il proprio corpo con l’ematite. I pittori del Paleolitico avevano a loro disposizione 3 pigmenti: il nero del carbone, il rosso dell’ematite e l’ocra dell’ossido idrato di ferro.

Grazie allo sviluppo dell’alchimia, gli Egizi erano in grado di preparare la biacca che, se scaldata a secco in apposite fornaci, produceva un ossido di piombo giallo e, quando la temperatura era più elevata, un ossido di piombo di tonalità rossa. Gli Egizi erano altresì in grado di produrre il colore blu dalla fusione di sabbia bianca con malachite e gesso o dai lapislazzuli provenienti dall’Afghanistan.

 

Il Rinascimento si tinge di blu

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Per la creazione di un nuovo colore blu occorre attendere il Rinascimento. Grazie allo sviluppo dell’arte vetraia veneta, arriva lo smaltino, un blu ottenuto macinando vetro colorato da composti di cobalto.

Nel corso del Rinascimento fanno la loro comparsa anche gialli a base di piombo e di arsenico, i verdi al rame e i rossi vermiglione e cremisi estratti dagli insetti.  Si fa strada anche il proverbiale rosso Tiziano, ottenuto miscelando i vari ossidi di ferro.

 

La nascita della moderna chimica

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Alla fine del ‘700, l’alchimia cede il passo alla chimica e si apre una nuova era per il colore. Pittura e scienza iniziano a godere di un rapporto ancora più stretto.

I pittori dell’Ottocento avevano a loro disposizione una gamma di colori e tonalità fino a quel momento impensabile. Nascono il giallo arancio dei cromati e i verdi degli acetoarseniati di rame. I nuovi colori nati dallo sviluppo della chimica permisero di manipolare la luce dei dipinti come mai fino ad allora, dando la possibilità agli artisti di esprimere appieno la loro creatività.

I nuovi pigmenti avevano un altro, non trascurabile, vantaggio: costavano relativamente poco. Potevano quindi essere usati in quantità maggiori, si sviluppa così la pittura materica, caratterizzata da pennellate in rilievo.

 

Molti dei pigmenti erano tossici

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Se da una parte lo sviluppo della chimica del colore facilita il lavoro agli artisti, dall’altra mette a rischio la loro salute. Molti pigmenti inorganici dell’Ottocento erano infatti tossici, come i cromati usati da Van Gogh per dipingere i Girasoli, il verde smeraldo usato da Cézanne o ancora l’aranciato usato da Matisse per dipingere La stanza rossa. Solo di recente la scienza ha messo in relazione le infermità di alcuni pittori con l’uso di pigmenti a base di piombo e arsenico e bisognerà aspettare il ‘900 prima che molti di questi colori vengano sostituiti da sostanze non tossiche.